Strano ma vero, nel lontano passato Bali era considerata un’isola selvaggia e i suoi abitanti “fieri, perfidi e bellicosi”.
Secoli fa i balinesi erano guardati dal resto del mondo con sospetto, avevano fama di essere reticenti al lavoro e si diceva che non amassero neanche l’agricoltura, al punto che sussistevano coltivando solo il riso ed importavano persino la frutta dalla vicina isola di Lombok.
Nel 1500 la loro immagine comincia a cambiare in positivo, e l’isola diventa un “posto esotico, dove si pratica uno strano induismo e dove si viene accolti con grande generosità orientale”.
Il protestante olandese Houtman, della Compagnia delle Indie, che commerciava con l’isola in quel tempo, rimase fortemente colpito dal re di Bali e da tutte le tradizioni religiose che si praticavano sull’isola, in particolar modo dal sacrificio delle vedove che si immolavano vive, gettandosi nel fuoco con il consorte defunto.
Nel 1650, durante la tratta degli schiavi le donne balinesi furono molto ricercate, dal momento che non si rifiutavano di cucinare carne di maiale, al contrario delle giavanesi di religione mussulmana, mentre gli uomini venivano ancora percepiti come ribelli e indomabili, quindi non “remunerativi”.
La colonizzazione
Nel 1800, dopo l’abolizione della schiavitù, Bali divenne l’obiettivo degli Europei, che desideravano ardentemente “civilizzarla” e che si lanciarono quindi alla conquista del territorio, pur continuando a considerare i suoi abitanti bellicosi e resistenti alla colonizzazione.
Nel 1849 si verificò il primo “Puputan”, o suicidio di massa, perpetrato dai Raja Balinesi e dalle loro famiglie quando si resero conto che non avrebbero potuto resistere all’attacco degli olandesi. Pur di non sottostare all’umiliazione della resa si vestirono di tutto punto e si immolarono davanti al nemico. Ne seguirono altri, tra cui quello memorabile del 1906.
L’orgoglio è tutt’ora una delle caratteristiche principali di questo popolo, il che non esclude a priori un atteggiamento gentile e disponibile. Non bisogna però confondere la tolleranza e amabilità dei balinesi con una mancanza di determinazione. Non transigono, per esempio, riguardo alle tradizioni, e possono diventare aggressivi se ostacolati nel compimento delle cerimonie religiose.
Dal 1920 Bali si apre al turismo e viene definita “Un Vero Paradiso” o “Armonia pura”, fino alla celebre definizione del primo ministro indiano Pandit Nehru che la chiamò “Il Mattino del Mondo”.
Gli artisti si dicevano anche entusiasti della naturalezza delle donne, che si vestivano solo con un sarong e mantenevano il seno scoperto, pratica ancora attuata dalle anziane signore nei villaggi non frequentati dai turisti.
Negli anni ’60 divenne invece il rifugio degli hippies e degli artisti, per poi essere scoperta e amata follemente dai surfisti ed infine dai turisti di mezzo mondo.
Il cambio di immagine
La sua immagine romantica si consolida quindi poco a poco, e fu creata da artisti, scrittori, politici e antropologi tra i quali spiccano Margaret Mead, il Presidente Indonesiano Sukarno, Walter Spies e Raffles, e Bali diventa il luogo dove nessuno ha fretta, dove tutto è pace, dove l’ordine sociale è particolarmente rispettato e dove la natura è di una bellezza indescrivibile.
Ecco che agli inizi del XXI secolo Bali diventa magica, armoniosa, mistica, idilliaca, pronta per diventare una delle mete più ambite dai visitatori. Ed è proprio in questo periodo che una parte dei balinesi entrano in crisi, poiché si trovano l’isola invasa dagli stranieri, e perché molti tra i suoi abitanti cominciano a vendere le terre destinate alla coltivazione del riso, cedendo il posto alle strutture turistiche.
L’isola nel giro di pochi decenni muta radicalmente: gli anziani faticano a riconoscerla e non riescono ad accettarla.
I giovani si trovano costretti a seguire i ritmi dettati dal turismo internazionale che non sono consoni alla loro natura, poco incline ai ritmi esagerati propri di noi occidentali.
E oggi Bali com’è?
È in parte stravolta dal turismo di massa, ma mantiene luoghi di un fascino incommensurabile, non appena ci si sposta dalla costa sud.
Continua ad avere mille qualità, riesce a combinare una bellezza della natura senza pari, spiagge per osservare tramonti indimenticabili, un clima tropicale piacevole tutto l’anno ed una tradizione religiosa tutt’ora molto presente, che si svolge con la pratica quotidiana di un induismo ricco di riti e tradizioni che incanta i visitatori.
Non c’è una sola vera anima dell’isola, Bali può essere sogno e incubo insieme, gloria e sofferenza, ottimismo e frustrazione.
Con i suoi contrasti Bali rimane una tappa imprescindibile per qualsiasi viaggiatore.
Non si può non visitarla almeno una volta, non si può non amarla se la si visita nel modo giusto.
Provare per credere.